Nel luglio 2020 in Regione si è cominciato a parlare di un “Patto per il Lavoro e per il Clima”, un documento che dovrebbe raccogliere gli obiettivi più importanti della transizione ecologica da svolgersi in questo mandato amministrativo per risolvere i problemi legati agli imminenti cambiamenti climatici a partire dal consumo di risorse fino al problema del lavoro: come uscire dalla dipendenza dal combustibile fossile, come raggiungere la neutralità climatica, come tagliare le emissioni di inquinanti e CO2, come accompagnare il tessuto produttivo e le parti sociali alla transizione ecologica.
Il patto sarebbe dovuto essere una possibilità aperta a tutte e tutti di esprimersi e di progettare nuove azioni per il clima, condividere informazioni, avviare attività di base e illustrare soluzioni che possono essere adottate anche dai singoli firmatari.
Il 15 dicembre 2020 la Regione Emilia-Romagna ha siglato il “Patto per il Lavoro e Clima” insieme a 55 soggetti: imprese, sindacati, enti locali.
La nostra assemblea dopo una consultazione interna, ha votato in modo compatto per non firmare, perché ritiene che gli obiettivi e i risultati attesi non possono essere messi in discussione: la crisi climatica non lascia ulteriore tempo. L’assenza tra i firmatari delle associazioni e dei movimenti che dovrebbero rappresentare la società civile è clamorosa e denuncia la laconicità di un documento che non ha obiettivi intermedi, né specificati investimenti e risorse finalizzate al raggiungimento del 100% di energie rinnovabili al 2035. Senza questi indicatori non è possibile monitorare i risultati del Patto stesso, il che lo rende uno strumento potenzialmente inerte.
PERCHÉ ABBIAMO SENTITO IL BISOGNO DI RISCRIVERLO?
Il Patto per il Lavoro e per il Clima della Regione Emilia-Romagna, sbandierato come un accordo tra tutte le parti sociali, si presenta in realtà come un accordo di parte, protezionista nei confronti dell’industria non sostenibile, senza obiettivi concreti di breve e medio periodo, che lascia libertà di scelta ai privati negli obiettivi e nelle strategie.
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Perciò vogliamo raccontare come, secondo noi, avrebbe dovuto essere scritto quel patto e quali contenuti sarebbero dovuti comparire per diventare un vero e proprio indirizzo politico in grado di raccogliere le esigenze di tutte le parti che avrebbero dovuto sottoscriverlo per raggiungere specifici obiettivi legati al bene comune.
L’opuscolo è diviso in due parti: una prima parte in cui presentiamo una nostra visione radicale e completa di come sarebbe dovuto essere questo documento, con una visione d’insieme,i valori e le specifiche strategie in ogni ambito; una seconda parte contenente il vero Patto per il Lavoro e per il Clima, nel quale troverete, in rosso, le nostre richieste di emendamento presentate alla Regione Emilia-Romagna.
La prima cosa che ha suggerito RECA è di cambiare il titolo: “Patto per il Lavoro e per il Clima” in “Patto per il Clima e per il Lavoro”. L’inversione delle parole “clima” e “lavoro” non è solo una questione formale: una riforma del lavoro, infatti, dipende strettamente dalle scelte strategiche che si devono adottare per affrontare l’emergenza climatica, secondo i tempi che sono dettati dalla natura e non dall’economia.
Se condividete questo nuovo patto, fatelo conoscere e sostenete le attività di queste associazioni e comitati che cercano nella loro quotidianità di compiere azioni coerenti con l’obiettivo della transizione ecologica.